editoriale



Sono in pochi, gli allenatori disposti al dialogo, molti fingono di farlo solo per carpire chissà quale segreto! Dopo un confronto, verifica e sviluppo, senza nulla togliere al "modo di pensare calcio" di nessuno, ho finito per mettere nero su bianco, un libro in cui espongo le mie idee, i miei convincimenti: "il mio calcio".









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news del mese









 09.11.2015 - GEMELLAGGIO SOLIDALE



 





 La mia associazione "Solidarietà è... onlus":

 Tutto inizia nel 1989 quando Raffaele Beltrame conosce Suor Paola Pellanda, missionaria Salesiana che opera dal 1950 nel Nord Est del Brasile.

Sempre in quell'anno decide di adottare Andrè Jacopo e successivamente nel 1992 adotta Giorgia Ludovica.

Dopo questa “speciale” esperienza vissuta sente di dover fare qualcosa in più a sostegno di persone come Suor Paola che hanno dedicato la loro vita ad aiutare bambini in difficoltà per toglierli dalla strada e dare loro la possibilità di un futuro migliore.

Nel 1994 viene lanciata la proposta di un evento sportivo con un partita di calcio tra ciclisti ed ex calciatori professionisti. 

Il 12 marzo 2007 l'associazione diventa ONLUS.

Solidarietà è...” collabora anche con altre associazioni per rendere realizzabili altri progetti sempre rivolti ad aiutare il prossimo.






Nel 2012 a Pieve di Soligo nasce l’associazione amici di Fabio Olivotto







   La SLA colpisce ancora!

Dopo circa 10  anni di sofferenze viene a mancare Fabio.

Era stato un mio giocatore quando nel campionato 85/86 allenai la Pievigina.

Quegli stessi compagni di squadra, assieme ad amici comuni, decisero di fondare una associazione.

Organizzata nel 2010 una partita di calcio in suo onore (presso lo stadio di Pieve di Soligo) a cui parteciparono più di 80 ex calciatori, fu realizzata una raccolta fondi finalizzata ad aiutare i bisogni di Fabio.

Il generoso contributo delle tantissime persone presenti all'avvenimento permise l'acquisto di un automezzo che gli consentì di potersi spostare senza abbandonare la carrozzina ed il respiratore artificiale.

L'associazione è aperta a tutti coloro che non solo hanno avuto la fortuna di conoscerlo ma che vogliono essere portatori di un messaggio di speranza e di conforto verso persone che si trovano in situazioni di varie difficoltà.

L'obiettivo dell'Associazione è quello di ricordare l'amico calciatore nel tempo e raccogliere fondi, attraverso iniziative varie, da destinare in beneficenza a persone o famiglie residenti nel territorio.

 



 Rosa della Pievigina nel campionato 1985/86

 Testimonianza estrapolata da un giornale locale:

PIEVE DI SOLIGO. Il sorriso e la tenacia di Fabio Olivotto, l’ex calciatore di Nervesa morto di Sla nel 2012 a soli 50 anni, continueranno a risplendere e sopravvivere nel viso e nel cuore di molte sfortunate famiglie del territorio. Nel corso di una cerimonia al ristorante da Loris a Solighetto, gli “Amici di Fabio Olivotto” (ex compagni di squadra, ora riuniti in associazione) hanno infatti elargito ad alcuni nuclei familiari la somma raccolta. Il presidente Antonio Maset, insieme agli amministratori locali, ha così consegnato gli assegni ad ogni famiglia. Come consuetudine dal 2013, inoltre, è stato consegnato un assegno anche ai rappresentanti veneti della Arisla, la fondazione per la ricerca sulla Sla. La Sclerosi laterale amiotrofica, malattia degenerativa del sistema nervoso che è stata alla base del decesso di una cinquantina di calciatori professionisti, tra i quali i più famosi sono Stefano Borgonovo (Como, Milan, Fiorentina, Udinese) e Gianluca Signorini (Pisa, Parma, Genoa, Roma). A Fabio Olivotto la malattia fu diagnosticata nel 2002, causandone la morte dieci anni dopo, pochi giorni dopo aver compiuto i 50 anni. 

 www.amicifabioolivotto.it

 



 01.11.2015 - "Macola", mitico accompagnarore del Chievoverona



 Qualche tempo fa un amico mi chiede se avevo letto un articolo sul giornale l’Arena che festeggiava gli 80 anni del “mitico” accompagnatore del Chievo da 50 anni Rinaldo Danese detto”Macola”.

Alla domanda del giornalista (S. Ant.) che gli chiedeva qual’era l’allenatore preferito mi ha messo in testa alla lista seguito da Baruffi e Del Neri.

Oltre a rinnovare, anche se in netto ritardo, i miei personali auguri per gli 80 anni compiuti, caro Macola ti ringrazio per l’apprezzamento ricevuto.

 Un abbraccio, pg.

 

 



01.11.2015 - Un articolo che mi era sfuggito da Pianeta Calcio



18.10.2005 - BUSATTA JR E IL PARONA SOGNA

In questo bel Parona, che vuole rinverdire gli antichi fasti biancoverdi del passato, c’è un pizzico del grande Hellas degli anni Settanta.

Pierluigi Busatta, il “Silenzioso di Marostica”, l’indimenticato mediano del Verona di mister Giancarlo Cadè, del presidente Saverio Garonzi, l’amicone di Zigo-gol, ha il proprio figlio che milita e segna – e questo non guasta mai – nel Parona di mister Vittorino Fiorio e del presidente Mario Pavoni. 

Andrea – è di lui che parliamo – frequenta la facoltà di Giurisprudenza, è nato nel 1985 e risiede con i genitori in Valpolicella.

Il suo cognome è balzato all’occhio, scorrendo lunedì, nelle cronache sportive, il tabellino dei marcatori, che ha visto trionfare il Parona (5-2) contro il malcapitato Valgatara (di Andrea il 5° bersaglio paronese). 

Ma, Busatta Jr non è nuovo a queste esplosioni di gioia: 

"Ho firmato" racconta "anche il secondo gol, quello della vittoria, contro il Garda a Parona (2-1), alla prima di campionato. 
No, non sono un mediano come mio padre, ma un’ala che da quest’anno è stata trasformata in punta". 

Non solo Andrea non assomiglia quanto a ruolo al padre, ma anche quanto a fisico:

"Io sono piccolo, alto sì e no un metro e 75" sorride Busatta jr: "che devo farci, io ho preso da mia madre. 
Sono molto veloce, un vero rompiballe, tutta corsa e rapidità, niente come fisico. 

Il colpo di testa? Non male direi, però, basta una spallata per far volar via uno di 60 chili come il sottoscritto". 

Andrea se l’è già messa via di essere un “figlio d’arte” mancato:

"Il cognome Busatta è un onore perché sei conosciuto e rispettato, e, al contempo, un onere perché tutti si aspettano qualcosa da te. 
Ma, è anche vero che mio padre non si è mai preso la briga di allenarmi, non ha mai esercitato pressioni, lasciandomi libero di abbracciare le discipline sportive che mi piacevano, quali lo sci, il basket, il tennis, e, ovviamente, il calcio". 
Però, un piccolo rimpianto Andrea se lo porta dietro:
"Bèh, se devo essere sincero fino in fondo, un pochino mi dispiace di non essere diventato famoso come lui, ma devo anche aggiungere che non posso rammaricarmi per questo o quel provino fallito perché mio padre non mi ha mai accompagnato a un provino: preferiva che io sfondassi con le mie mani, e, sotto questo aspetto, come faccio a dargli torto? 
Ora gioco per divertirmi, con gli amici, non guardo più indietro". 

Adesso c’è l’Università e un Parona da guidare sempre più in alto, magari in Seconda: 

"Siamo un bel gruppo, che applica un buon calcio e le 10 reti segnate nelle ultime due partite stanno trasmettendo alla pattuglia morale e grande entusiasmo. 
La squadra da battere è il Saval Maddalena, visto che è in testa a punteggio pieno". 

Non un “corazziere” – dicevamo sopra - come il mitico Pierluigi, Andrea punta molto sulla velocità, sulla rapidità e sulla tempestività in area avversaria:

"Spero di farmi trovare in mezzo all’area al momento giusto. 
Sono un rapinatore, tipo Paolo Rossi, attaccante fortissimo: se l’anno scorso da ala ho mancato di un bersaglio la doppia cifra, quest’anno mi auguro di toccarla e di superarla. 
Per il bene, però, non del sottoscritto, ma del mio Parona". 

Andrea non ha mai visto Pierluigi giocare con la maglia dell’Hellas: 

"Mi sembra di rivederlo in campo attraverso i ricordi degli amici, affondando le mani dentro un cassetto ricolmo di sue foto e di video-cassette. 
Papà mi parla sempre di Zigo-gol, il suo più grande amico: era un campione, è stato l’ultimo dei fuoriclasse, dice sempre il babbo; Zigo e papà si vedono di tanto in tanto e giocano assieme nelle Vecchie Glorie, dove una volta mi sono sentito onorato di giocare anch’io".

L’Hellas nel Dna del figlio Andrea e un po’ sotto quella maglia bianco-verde del Parona, che vuole ritornare, come negli ruggenti anni Settanta, nell’Olimpo del calcio nostrano: ma, non parlategli del Chievo:

"No, niente Chievo, per carità, ma solo Hellas". 

Come ti capiamo, Busatta junior!

(Andrea Nocini) 18.10.05 

 



 


 16.10.2015 -  Giuseppe (Joe) Bonato dal Giornale di Vicenza ... grazie!



«Busatta geniale e sfortunato protagonista»

Vorrei fare gli auguri a un campione di casa nostra che ha compiuto 66 primavere il 9 settembre. Partito come attaccante da ragazzino, giocò nei più svariati ruoli affermandosi come eccellente mediano di spinta con propensione al goal. Parlo di Pierluigi Busatta nato a Marostica e, siccome “Nemo profeta in Patria”, non ha mai giocato con il Lanerossi Vicenza. 
Egli è stato, infatti, una bandiera dell'Hellas Verona negli anni Settanta, squadrone col quale disputò 6 campionati, dei quali 5 in A. 
Pierluigi cresciuto calcisticamente nella fila della Marosticense (è la società della provincia più longeva, essendo nata nel 1900) crebbe ulteriormente nel Virtus Bassano debuttando in Promozione con l'allenatore Nave. Grazie all'impegno, al carattere, alle naturali doti fisiche e tecniche e alla grande visione di gioco, dopo essere ulteriormente cresciuto in Serie C col Treviso, disputando 2 campionati (1966-69), approdò in Serie B nel Catanzaro. 
Con la squadra calabrese al terzo torneo raggiunse il traguardo della massima Serie (annata 1970-71) collezionando 34 presenze e siglando 4 goal. Dal sito web “Il Catanzaro” di Agostino si legge questa sintesi d'elogio riferita a Pierluigi per la conquista della Serie A: “Mediano dalle grandi qualità tecniche e dotato di una grande falcata progressiva è stato senza dubbio l'atleta di miglior spicco della squadra”. 
Efficace è la denominazione “L'uomo chiamato cavallo” appioppata a Busatta dai tifosi calabresi per le sue continue “sgroppate” di puro sangue fino all'area avversaria per alleggerire la difesa, andare al cross o risolvere la partita. Dopo un successivo campionato in Serie A con la squadra giallorossa del Sud fu acquistato dall' Hellas Verona, sociètà nella quale rimase fino al campionato 1977-78 apprezzato dai tifosi gialloblu che, non vorrei sbagliare, lo incitavano al grido di “Busatta, pensaci tu!” 
Nel '78-'79 passò al Genoa in serie B e dopo un altro campionato terminò la carriera di calciatore professionista cominciando la sua avventura nei dilettanti da giocatore prima e da allenatore-giocatore poi. 
Si dedicò alla professione d'allenatore per diverse società professionistiche e allenò una stagione pure il Thiene in Promozione. Ha anche scritto un bel libro dal titolo “Pierluigi Busatta: il mio calcio”. Si tratta di un manuale tecnico-filosofico autobiografico dettato dall'esperienza diretta sul campo e che molti ragazzi e allenatori dei giovani (e non solo) dovrebbero consultare: una vera miniera d'oro di concetti semplici e consigli chiari. 
Il suggerimento, invece, per gli addetti ai lavori (soprattutto per società di provincia) è quello di puntare sul settore giovanile che rimane l'unico vero capitale per poter sopravvivere. 
Ma tornando al “suo” calcio giocato, Pierluigi ha un solo rammarico: non essere approdato in una grossa squadra, come il Milan del 1974-75, che avrebbe innalzato il suo livello di gioco. Tutto ciò a causa di una scivolata di Aldo Maldera che gli procurò uno stappo inguinale. Il Milan interessato a lui, dopo il fatto, prese solo Aldo Bet. Un vero peccato. 
Per noi vicentini, suoi compaesani, rimane pure il dispiacere di non averlo potuto ammirare nella casacca con la stoffa originale del Vicenza: quella del Lanerossi con un'inimitabile R ad asola rossa d'altri tempi. 
Tanti auguri a Pierluigi.
Giuseppe (Joe) Bonato
Thiene



 19.03.3013 - In corsa per il più votato dei numeri 4 del Verona



 PROTAGONISTI. Era diventato un ritornello cantato dalla curva sud

 Signore e signori ecco a voi Busatta finì in una canzone

Articolo di Raffaele Tomelleri

«E quando l´Hellas non segna più, Busatta/Busatta pensaci tu». Gol memorabili e corse a perdifiato per il «silenzioso di Marostica»

L'Arena giovedì 21 febbraio 2013 SPORT, pagina 43 

Fatti, non parole. Lui sorride, con quel sorriso «stretto», gli occhi son due fessure, le stesse di sempre. Lo chiamavano «il silenzioso di Marostica», anche questa, una delle tante, indimenticabili, scaturite dalla fervida fantasia di Valentino Fioravanti. Il sommo cantore dell´epoca. Mai stato uno di tante parole, Gigi Busatta. Mai stato uno di larghi sorrisi, almeno per chi lo vedeva da fuori. Sempre stato uno di fatica, il Gigi Busatta. Il 4 sulle spalle, quando il 4 voleva dire mediano destro, e corse su e giù, a correre per sè e per gli altri, a colpire di testa nell´area degli altri e poi a ri-colpire di testa nell´area dei suoi. La falcata lunga e possente, elegante e battagliero, mica un mediano di fatica e basta, ma un mediano di classe. Capace di impostare, di dare del tu alla palla, quasi di parlarle, senza sprecare parole, che quelle non le ha sprecate mai. «Che vuoi, ero fatto così. Anzi, son fatto così». Perchè il Busatta che la gente di Verona ricorda, ha corso molto e parlato pochissimo, sgobbato un sacco e sorriso molto meno. Senza essere scontroso, «...forse ero solo timido» dice adesso, che gli anni son passati e magari si son portati via quel filo di timidezza, che poi fa rima con giovinezza. Il Busatta che la gente di Verona si ricorda è stato un grande, senza esagerare, uno dei mediani più forti di sempre. Correva e copriva, rompeva e costruiva, difendeva e segnava. 

Uno di quelli che badava al sodo, mai curato l´immagine lui. Mai cercato un giornalista e non perchè non avesse niente da dire. Questione di carattere, «ma non solo di quello» tiene a dire oggi. «Sì, magari avevo un carattere schivo, ma il problema non era quello. Il fatto è che ho sempre cercato di parlare con le gambe e la testa, di farlo sul campo, non con la bocca, magari sui giornali».
Tutto qua? Quasi. C´è un´altra parte di verità. «Mi successe qualche volta di leggere interviste a Busatta senza che io avessi mai parlato. E allora, mi dissi, che facessero pure, si vede che non avevano bisogno di me». Nacque allora «il silenzioso», fino al punto da sembrare, a volte, persino un pò scontroso.

«Mai stato diplomatico, questa è la verità» riprende Busatta. «Se dovevo dire una cosa la dicevo, sono sempre stato così e non ho mai pensato di cambiare. Un pregio, dici? Penso anch´io che sia un pregio, ma nel calcio magari diventa un difetto». Perchè conta, anche, vendersi bene, da giocatore e anche da allenatore. Ha girato un bel pò, senza togliersi mai lo sfizio di sedersi sulla panchina di una grande. È stato anche al Chievo, ai tempi della C2 e di un sogno appena cominciato. È stato a lungo sul confine, senza mai oltrepassarlo, senza chiarire mai, a se stesso e agli altri, che cosa poteva esserci più in là. 

«Diciamo che non ho avuto neanche tanta fortuna...», sorride oggi. Diciamo, più probabile, anche da allenatore, il Gigi Busatta è stato semplicemente se stesso. Fatti, non parole. E allora forse capisci perchè, oggi, l´ex «silenzioso di Marostica» ha smesso di sedere in panchina e di guidare una squadra e, tra le altre cose, a un certo punto, s´è messo pure a guidare un... ristorante. «Era diventato il «ristorante dei ricordi», «perchè quella era una squadra fortissima». Parole non ne ha mai spese invano. Se lo dice lui, c´è da credergli. «Te lo dico io, quando eravamo a posto, con le gambe e la testa, quel Verona là se la giocava con tutti. Basta guardare i nomi». 
Se la giocava con tutti e spesso li metteva sotto. Come quella volta, con l´Inter di Mazzola e Anastasi, Bordon e Oriali, Marini e Facchetti. Un flash, una foto staccata dall´album, una delle più belle e non sono certo poche. C´era anche lui in area, sull´angolo di Fiaschi, una sua specialità. C´era un mare di gente, lì in area, ma la testa giusta fu quella di Busatta.

«Qualche gol lo segnavo, specie quando arrivavo un pò meno stanco. Quante corse, ho fatto. Quanti assist! Rimpianti? Forse uno solo: quello di non aver mai giocato in grandi squadre, per vedere se ci potevo stare. Ma per il resto, sono contento di quello che ho fatto. Treviso, il Catanzaro, i sei anni di Verona, poi il Genoa e le panchine. No, va bene così...» assicura Busatta. Senza nostalgia. Quella, magari, verrà ai «figli della curva», ricordando il ritornello di un tempo che fu: «Quando l´Hellas non segna più,Busatta/Busatta pensaci tu». Fa persino rima, meglio di così... 

DA GIOCATORE. Busatta esordì nelle giovanili della Marosticense, giocando nel ruolo di attaccante; con il passaggio alla Virtus Bassano per esigenze tattiche cambiò ruolo trasformandosi in mediano, ruolo che ricoprì per tutto il prosieguo della sua carriera. Con il Bassano esordì anche in prima squadra, nel girone di ritorno del campionato 1965-1966.
Dal Bassano passò al Treviso in Serie C, dove rimase per due stagioni agli ordini di Sergio Manente e mettendosi in luce come uno dei giovani più promettenti del campionato. Nel 1968 fu acquistato dal Catanzaro dove militò per quattro anni contribuendo validamente alla prima promozione in serie A della squadra calabrese. Nella stagione successiva debuttò in Serie A, disputando 27 partite senza poter evitare la retrocessione.
 
Nel 1972-1973 venne acquistato dal Verona di Giancarlo Cadè e in gialloblù rimase per sei stagioni, di cui cinque nella massima divisione, disputando complessivamente 160 partite con 14 reti e imponendosi come titolare inamovibile. Il rapporto con la squadra veneta si chiuse nel 1978, quando fu posto in lista di trasferimento dalla società. Passò al Genoa disputando una stagione in Serie B. Chiuse infine la carriera con una stagione nella Juve Stabia e quindi nella Rossanese, di nuovo nel Bassano e nel Chiaravalle, tutti tra i dilettanti.