16.01 - Il fair play, secondo Vittorio Feltri. | ||||
Del
fair play si continua a parlare, si è scomodato anche il direttore del
giornale “Libero”, Vittorio Feltri, di cui riporto
l’inizio
dell’articolo, a titolo: Stringo la mano agli avversari … Perché
così si fa. “Ho letto e udito molti commenti negativi
all'iniziativa dei dirigenti del calcio nazionale, quella di imporre alla
fine di ogni partita uno scambio di strette di mano fra giocatori delle
due squadre. L'argomento più usato dai critici è che si tratta di una
forzatura, di un rito non spontaneo, non desiderato dagli atleti, bensì
intimato dall'alto, un obbligo improntato a ipocrisia: e che quindi
andrebbe abolito. Non sono d'accordo. La buona educazione, infatti, non fa
parte del patrimonio genetico degli individui. Si impara in famiglia, a
scuola, sui libri, nell'ambiente frequentato. Insomma c'è qualcuno che la
insegna e qualcuno che la assimila, talvolta, non sempre”. Concordo con il suo pensiero. Ho già avuto modo di applaudire quel bel gesto copiato dal rugby. Mi auguro ripulisca quella parte di forzatura che il passato potrebbe riproporre, vorrei che sul serio la porti via! La cosa che ritengo più importante è che questa affermazione mette in risalto che: Non è solo con il gesto simbolico della stretta di mano finale che si aggiusta le cose, ma, come dice il direttore, con la buona educazione che non è innata, si “impara se c’è qualcuno che la insegna e qualcuno che la assimila”. Questo è un chiaro messaggio a presidenti, dirigenti, e soprattutto agli allenatori. Tutto va insegnato, dalla base … a cominciare da ieri. |
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